IL WUSHU TRADIZIONALE E IL GESTO ATLETICO
La ricerca medica in campo sportivo ci consente di affermare che il 93% degli atleti di alto livello osservati in specializzazioni sportive eterogenee soffre della mancanza di ottimizzazione degli imput sensoriali pur conservando prestazioni atletiche d’eccellenza1.
Per questo chi svolge un’attività sportiva a livello agonistico è frequente che vada incontro a diverse patologie che da acute facilmente diventano croniche, tendiniti, strappi muscolari e nei casi più gravi fratture da affaticamento.
La mancanza ottimizzazione degli imput sensoriali è causata da riflessi psicosomatici – es. una persona timida tenderà a bloccare le anche e/o a chiudere le spalle – e/o somatosomatici – es. denti non allineati, diversa morfologia degli arti – . Il riflesso posturale che ne consegue determina una innecessaria contrazione di un muscolo o di una catena muscolare per cui lo sportivo compierà il gesto atletico non più in regime di innervazione reciproca – il muscolo antagonista si rilassa man mano che l’agonista si contrae- ma in co-contrazione – si contraggono sia il muscolo agonista che l’antagonista, naturalmente in misura minore per consentire il movimento – che col tempo causerà un disequilibrio tendineo e osteo articolare oltre che muscolare. All’atto pratico per esempio, quando definiamo una “corsa imballata” “contratta” “pesante” etc. questi termini hanno sicuramente alla base regimi di contrazione in co-contrazione.
Vediamo un esempio:
Nella foto Marlene Ottey, grandissima campionessa di atletica durante una fase eliminatoria di Atene 2004, come si può facilmente notare il volto è disteso, e le spalle non sono contratte, sono basse e allineate, si può supporre che ci troviamo davanti a un’atleta i cui riflessi posturali sono consoni al gesto che sta compiendo, quindi molto probabilmente si sta muovendo in regime di innervazione reciproca.
Non possiamo dire la stessa cosa per Al Kassra, la concorrente di fianco: la contrazione dei muscoli facciali denota una grande tensione, le spalle sono fortemente ruotate e non allineate, la mano sinistra è eccessivamente tesa. Si può sospettare che nella corsa di Al Kassra ci sia qualcosa che non va.
Vediamo ora un altro esempio:
Nella foto Gianmarco Pozzecco ex nazionale di basket. Emerge subito che l’equilibrio dell’atleta è mantenuto grazie al trucco della lingua che, interponendosi fra gli incisivi, funziona da “bite fisiologico”; anche in questo caso siamo di fronte ad un riflesso posturale non corretto, che porta a delle contrazioni non convenienti in quel gesto atletico
Lo studio del Wushu tradizionale può essere un valido aiuto per superare i vari problemi che si riscontrano durante la carriera sportiva limitando l’uso di farmaci sintomatici.
Nello specifico si esaminerà il metodo del Wuxing Tongbeiquan, già il nome la dice lunga su come deve essere il svolto il movimento (tong – sgombro, bei – schiena). Stando a questo concetto si pone l’accento che la forza passi attraverso la schiena, che le spalle e le anche siano rilassate e in questo modo la forza può arrivare fino alle estremità. Nel modus cinese la filosofia, la medicina, la dietetica sono interconnesse. La scienza del movimento non rappresenta un caso a sé, anch’essa è pesantemente influenzata dalla medicina tradizionale e si rifà sia a testi antichi che a studi contemporanei, si può quindi dire che ha raggiunto uno sviluppo molto raffinato. All’interno di questo metodo si racchiude la teoria della trasformazione Yin/Yang secondo la metodica dei “Cinque Movimenti”. “ se c’è Bian (cambiamento) ci può essere Tong, se c’è Tong ci può essere Huà (trasformazione)”2.
Visto con occhi occidentali questo concetto non è altro che il regime di contrazione di innervazione reciproca rapportato a tutto il corpo, non a un solo segmento.
Alcuni di questi esercizi se svolti giornalmente, hanno un considerevole effetto sulla postura andando a riequilibrare i rapporti tra muscoli agonisti e antagonisti, in più l’atleta avrà più coscienza del proprio respiro e saprà così controllare meglio i suoi movimenti durante il gesto atletico.
Una importante precisazione, alla luce di quanto affermato il Tongbei non può essere inteso come una semplice ginnastica o come uno stile marziale.
“Un buon studioso dovrà con ogni mezzo prima di tutto comprendere i principi, ricercare la tecnica, seguire il metodo e (infine) promuovere l’arte3.
Per meglio spiegare questi concetti vediamo un “semplice” esercizio.
Hè ding shé yao (spingere in alto la testa come una gru, muovere la vita come un serpente).
Bisogna innanzi tutto fare una riflessione sul nome, per noi occidentali può far sorridere, però calandosi nel metodo analogico deduttivo orientale quello che all’inizio ci può sembrare una denominazione astrusa e poetica dell’esercizio in realtà dà una rappresentazione funzionale del movimento e dei principi di cui il Tongbei si fa portatore.
Questo esercizio, ha la particolarità di allenare – dove per allenamento non si intende solo potenziamento ma allenamento neuromotorio – la colonna vertebrale, i legamenti e i muscoli vicini ad essa.
Nelle comuni pratiche sportive non è facile osservare movimenti che permettano di generare contrazioni, distensioni, torsioni, rotazioni che partono dalla colonna vertebrale. Da un punto di vista funzionale se il gesto ha origine dal centro, dove si trovano i muscoli più forti il movimento avrà sicuramente più forza e la salute delle articolazioni e i muscoli più “piccoli” sarà preservata.
Questo concetto è già presente da tempo negli sport di confronto fisico, per esempio nel Ju-Jitsu si pone grande attenzione alla “forza” e percezione del rachide, tuttavia lo studio non si è raffinato come nel Tongbeiquan.